Powered By Blogger

martedì 29 luglio 2014

U' Granaiò...


Ascoltarla parlare, seduta su di un vecchio sgabello, in legno, oramai tarlato e non più dipinto, mi dà la sensazione di tornare bambina.

Purtroppo con la vita frenetica, in questi anni, i momenti passati assieme si riducono a miseri e sporadici fine settimana.
Ora però siamo qui. Quando nonna ci vede scendere dalla macchina, non riesce a trattenere un "finalmente!" accompagnato da una lacrima. 
Si alza, lentamente, dal suo sgabello e, nonostante la vista la stia abbandonando ogni giorno di più, entra velocemente in cucina, mostrandoci la madia ricolma di tagliarini appena fatti.

Ci sediamo a tavola e tra una chiacchiera e l'altra finiamo il lauto pranzo. Sia io che mio marito la aiutiamo a lavare i piatti (con estrema difficoltà, perché lavare i piatti da ospiti porta sfortuna)

Con il caldo del pomeriggio, arriva l'ora del riposo e quindi, mio marito sale nelle camere a riposare.
Ma noi no! Ci sediamo fuori l'uscio di casa, all'ombra.
Nonna poggia la testa su di un cuscino ricamato.

Il cielo è terso tipico dei pomeriggi di metà Luglio. Una nuvola, proveniente dal bosco, alle spalle del paese, copre il sole per un attimo.

La cicala canta a fasi alterne, sembra che il troppo caldo la sfianchi.
Il merlo raspa la terra con la sua compagna, alla ricerca di lombrichi e vermi per i piccoli nel nido.

Nonna dice che sicuramente domani pioverà. Ne è più che certa, perché il troppo caldo e le nuvole del monte, promettono acqua.

Racconta che quando era piccola, alla metà di Luglio, correva per i campi di grano, scalza.
Saltava sulle balle di fieno che giacevano immobili all'ombra degli ulivi e degli alberi da frutto.

Ad un certo punto del discorso si interrompe. Con sguardo furtivo mi squadra rivolgendomi una domanda veloce: "Ti u cunusci u granaiò?"

La cicala ha smesso di cantare, una brezza fresca smuove le foglie, riproducendo rumore di pioggia.

Io guardo nonna e dico che mai nessuno mi aveva, fino ad ora, parlato del "granaiò". 
Trova la mia risposta convincente e comincia, così, a raccontare.

Molti anni fa, quando ancora mio papà era piccolo, si soleano preparare, nel periodo della mietitura, delle bamboline preparate con le spighe di grano. Le donne anziane della famiglia le confezionavano mentre intonavano una breve cantilena:

Granaiò mi te cantu
cun ù granùn
Granaiò, Granaiò
mie te piggiù
tra u trenta
ù trentùn
e l'un

Una volta confezionate, le bamboline, venivano appese nei granai, nelle stalle e nelle cucine solitamente sopra la grande cappa.
Questo, era compito delle donne anziane che, tra le feste dei più piccoli adempivano al loro compito.

Le ragazze più giovani della famiglia, quelle non ancora maritate, avevano un altro compito.

La notte del 31 Luglio, dovevano accendere un piccolo fuoco, vicino all'uscio di casa. Dovevano poi recuperare le vecchie bamboline, cioè quelle confezionate l'anno precedente e bruciarle nel piccolo falò.
Una sorta di rito, culto, che vedeva uccidere il vecchio spirito, per lasciare posto al giovane.

Bruciando la vecchia bambolina si gettavano nel fuoco le disgrazie, le malattie e le sventure.

La nuova bambolina avrebbe protetto la casa ed i suoi abitanti nell'anno venturo.

Ma il rito che affascinava e divertiva soprattutto i bambini, era la caccia al "Granaiò".
Questo personaggio, era una sorta di spirito benevolo. Si aggirava per i campi di grano nel periodo del raccolto. Si pensava che questo spirito, se catturato, avrebbe reso buono il raccolto e conseguentemente, la farina.

La caccia, consisteva quindi, nel catturare un signore, mai giovane, che si prestava ad interpretare lo spiritello.

Erano per lo più i bambini che si sfidavano nei campi rincorrendo "U' Granaiò" tra risa e e grida.

Una volta catturato, gli venivano date, in una sorta di offerta, delle gallette di farina del raccolto dell'anno precedente, uova e zucchero.

Cultualità antica. Una sorta di sacrificio, non cruento, dove il vecchio lascia il posto al giovane.
Dove il fuoco, rigenera il tutto.



Immagini/Fonti

La tela soprastante è presa da questo sito:


La fonte di tutto il racconto è nonna. 
Altri abitanti del paese hanno raccontato i particolari sul confezionamento delle bamboline di grano. 
Ringrazio Marisa, MariaRosa e Maddalena 
per aver ricordato le parole della cantilena. 
Tramandata oralmente, ed ora, finalmente, 
scritta qui.

5 commenti:

  1. Come sempre la magia della tua "penna" mi fa andare lontano e riesco a veder e sentire i bambini, le grida e il profumo dei campi e della pioggia.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Questo per me è il complimento piu' grande, Questo è cio' che voglio!

      Elimina
  2. Sempre bellissimi i tuoi racconti

    RispondiElimina
  3. Ciao sono Orietta sono incantevoli i tuoi racconti ♡

    RispondiElimina