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giovedì 6 febbraio 2014

Genova. I sotterranei e la peste...


Avevo già parlato in questo blog della peste che flagellò Genova a metà del 1600.
Vorrei però portavi alla scoperta, se lo vorrete, di una Genova sconosciuta, buia e misteriosa.
Per far questo dovremo varcare le soglie del tempo e percorrere un po di strada per arrivare in centro città.


Qui un gruppo di speleologi urbani si calò (a metà degli anni '80) in un tombino profondo circa dodici metri.

Giunti all'altezza dei voltoni che reggono le mura dell'Acquasola, si trovarono davanti un macabro spettacolo. Un'enorme quantità di ossa umane ricoprivano la buia galleria. 

                          

Qui infatti vi erano stati sepolti i corpi delle persone perite a causa dell'epidemia di peste del 1656. 
Nel 1600 gli abitanti di Genova erano circa centomila, numero che verrà decimato dalla peste.

Le cronache del tempo parlano della morte di settantamila genovesi.

Padre Antero Maria da San Bonaventura (Agostiniano Scalzo) parla dettagliatamente delle morti, degli orrori e della paura di un popolo flagellato dall'epidemia..

E' palpabile, grazie alle cronache dell'epoca, la ragionevole preoccupazione nel veder morire così tante persone senza aver la benché minima idea di dove seppellire infinità di cadaveri.


I sopravvissuti, quindi, vista oramai la quantità illimitata di morti decisero di seppellirli in alcune fosse comuni, come ad esempio sotto le fondamenta di quello che doveva diventare l'albergo dei poveri, voluto da Emanuele Brignole*, dove vennero gettati migliaia di cadaveri.

Ma non solo lo scavo dell'albergo dei poveri diventò un'enorme fossa comune. Intorno al 1950 nell'entroterra genovese sopra Molassana vennero riportati alla luce resti umani risalenti proprio all'epidemia del 1656. Anche lungo il Bisagno si diede sepoltura a più di settecento corpi.


Secondo testimonianze scritte, vennero gettati alla foce del Bisagno dove si trovava il lazzaretto dai cinquecento ai mille cadaveri.


Note:

Fu il patrizio genovese, Emanuele Brignole, a farsi promotore della costruzione, dopo aver ricevuto dal Magistrato della Sanità l’incarico di scegliere ed acquisire un sito idoneo a collocare un edificio di grandi dimensioni, avente lo scopo di ospitare in particolare quegli sfortunati che avrebbero avuto minori possibilità di condurre una vita autosufficiente.
L’edificazione, avviata nel 1656 nel cuore della valletta di Carbonara, fu lunga e laboriosa e si protrasse per quasi duecento anni a causa, in primo luogo, dell’infuriare della Grande Peste (negli scavi delle fondamenta verranno seppelliti circa 10.000 cadaveri)


Immagini:

La prima immagine raffigura la carta del porto di Genova nel 1600 conservata al Civico Museo Navale

La seconda immagine presa dal web appartiene al sito vimeo.com

La terza immagine riguarda la grande lapide in memoria degli appartenenti alla Confraternita di San Donato, dietro l'omonima chiesa, sulla quale sono scritti i nomi di coloro che si spesero e persero la vita aiutando gli altri.

La quarta immagine riproduce il Lazzaretto di Genova (incisione del 1800 di D. Del Pino e G.Piaggio)

Per approfondire: 



Bibliografia:

Genova e le sue storie (Giuseppe Marcenaro) 
Bruno Mondadori 
2004









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