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martedì 2 settembre 2014

Ricordi.


Ed entrare nella casa dei propri avi. Rivedere la vita di una volta. Avere l'impressione che le persone siano ancora tutte li.

Vedere per un attimo la tavola imbandita. I muri in pietra resi neri dalla cenere del camino e della stufa. Il grande forno che svetta nella cucina. Il lavandino in marmo.

Sentire il vociare di chi purtroppo non c'è più.

La grande casa, in pietra. 
Perfetta, con le arvescue, alle vecchie finestre. Le camere sopra alla stalla.

La stalla. 
Una stanza ampia, areata con finestre che danno tutte sulle fasce. La grande porta, in legno, conserva ancora, sopra la grande trave di castagno, una coroncina di ulivo e agrifoglio. Una croce è alla destra di una delle finestre. Una croce povera, fatta con bacchetti di ulivo.

Due botti, rovinate dal tempo e dalle tarme, che oramai non contengono più il buon vino.
Chissà, se lo Spirito del Tralcio, passerà ancora a trovarle.

Il giogo, per il bue, svetta sul soffitto di travi. Quante fatiche ha vissuto assieme al bue. Quante feste ha visto assieme a lui.

Passata la calda ed afosa estate, tutti, in quella casa oramai disabitata, aspettavano con ansia i propri avi. Questo si rivive. Si rivive ancor ora. Gli avi, che noi attendiamo, nel periodo di Ognissanti,  a loro volta hanno atteso i propri avi.

Tutto va avanti.

Ma vedere le proprie cose, le proprie case ed il proprio passato, scorrere e scappare come acqua di un fiume fa male. Fa male al cuore.





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