Ed entrare nella casa dei propri avi. Rivedere la vita di una volta. Avere l'impressione che le persone siano ancora tutte li.
Vedere per un attimo la tavola imbandita. I muri in pietra resi neri dalla cenere del camino e della stufa. Il grande forno che svetta nella cucina. Il lavandino in marmo.
Sentire
il vociare di chi purtroppo non c'è più.
La
grande casa, in pietra.
Perfetta, con le arvescue, alle vecchie
finestre. Le camere sopra alla stalla.
La
stalla.
Una stanza ampia, areata con finestre che danno tutte
sulle fasce. La grande porta, in legno, conserva ancora, sopra la grande
trave di castagno, una coroncina di ulivo e agrifoglio. Una croce è
alla destra di una delle finestre. Una croce povera, fatta con
bacchetti di ulivo.
Due botti, rovinate dal tempo e dalle tarme, che oramai non
contengono più il buon vino.
Chissà,
se lo Spirito del Tralcio, passerà ancora a trovarle.
Il
giogo, per il bue, svetta sul soffitto di travi. Quante fatiche ha
vissuto assieme al bue. Quante feste ha visto assieme a lui.
Passata
la calda ed afosa estate, tutti, in quella casa oramai disabitata,
aspettavano con ansia i propri avi. Questo si rivive. Si rivive ancor
ora. Gli avi, che noi attendiamo, nel periodo di Ognissanti, a loro volta hanno atteso i propri
avi.
Tutto
va avanti.
Ma
vedere le proprie cose, le proprie case ed il proprio passato,
scorrere e scappare come acqua di un fiume fa male. Fa male al cuore.
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