"Pipettu,
sun chi,
sun mi,
Pipettu
damme u tò fegatu
O puè,
o muè,
sentì quellu che diggu mi.
Pipettu,
Sun chi,
sun mi.
damme u toè fegatu
O muè,
o puè,
sentì quellu che diggu mi.
Pipettu
sun chi,
sun mi
sun da-u toè cancellu
Pipettu
damme u toè fegatu
O puè,
o muè
sentì quellu che diggu mi
Pipettu
sun chi
sun mi
sun chi da-a toè porta
Pipettu
damme u mè fegatu
O muè,
o puè
senti quellu che diggu mi
Pipettu
sun chi derè a ti..."
Primi giorni d'Autunno in campagna.
Siamo tutti qui, per festeggiare il ritorno di nonna, a casa, dopo la degenza in ospedale.
Gli invitati sono molti, dall'età avanzata.
La tavola, come sempre imbandita fin dal mattino, rimanda profumi che sanno di antico.
Pane di farina grezza, pomodori tardivi e frutta, tra cui uva e ultimi fioroni.
Dal mattino si sta nelle fasce, il tempo scorre, ed il sole alto ed ancora caldo, del primo pomeriggio, porta silenzio e qualche risata di bambini lontani.
Un profumo di legna bruciata, indica che la merenda è quasi pronta.
Si mangiano frittelle di mele e si beve acqua di fonte, dal sapore ferreo.
Il sole cala e la foschia comincia ad arrivare. Entriamo tutti in casa, accomodandoci al grande tavolo di legno, in cucina.
Prontamente c'è chi accende il ronfòu, per riscaldare e per cucinare.
Si mangia quel che di più buono ha la cucina genovese, ravioli, torta di bietole torta di pinoli ed altro ancora.
Si scherza su tutto ma, in poco tempo tutto cambia.
La nonna di mio marito si ferma, facendo un cenno ai commensali di tacere.
Il vento soffia forte, e insinuandosi nel canale della stufa pare ululare come un lupo che richiama il branco.
Stranamente tutti tacciono, mentre il vento continua a parlare. La nonna di mio marito, ferma con sguardo impassibile, asserisce:" Qui, voi, lo sentite? Sentite, arriva! E' Mastro Giorgio al vento".
Tutti, sopraffatti dalla curiosità, chiediamo chi sia questo personaggio che sembra nascere dalle fiabe...
Tra lo strepitio del fuoco e l'ululare del vento Melina comincia a raccontare...
Sulle alture genovesi, vi era una famiglia, molto semplice. Il padre lavorava i campi durante la stagione estiva, la madre cuciva abiti per le signore di città.
Avevano un figlio solo, Giorgio. Giovane irruento e di bell'aspetto, aiutava il padre nei campi durante l'estate ed in inverno scendeva al mare a fare il pescatore.
Giorgio aveva un amico caro, tale "Pipetto". Passavano le giornate lavorative invernali assieme, pescando con un piccolo gozzo e consegnando il pesce nel centro storico.
Pipetto non era bello, e in città dicevano che le donne, non lo tenessero minimamente da conto.
Un giorno di pieno inverno, il nevischio scendeva fine, fin sulla costa, Giorgio, in accordo con Pipetto, decise di non uscire a pesca. Si rifugiarono così, nella taverna del porto.
Qui conobbero Rosina, una ragazza non più che sedicenne, figlia dell'oste. Di bell'aspetto, leggiadra, dalla pelle chiara ed i capelli color miele.
Subito i suoi occhi verdi, grandi e brillanti, si posarono su Giorgio che, ventenne, stava al bancone con Pipetto. Quest'ultimo, in pochi istanti, si innamorò di Rosina.
Rosina però, si innamorò perdutamente di Giorgio, e questo di lei.
Si lasciarono travolgere dalla passione.
Fecero, però, uno sbaglio.
Fecero, però, uno sbaglio.
Rivelarono tutto a Pipetto.
In tempi antichi, gli incontri tra innamorati, avvenivano per pochi minuti, sotto sorveglianza dei genitori di entrambi le parti.
Ma quelli tra Giorgio e Rosina no.
Si incontravano, infatti, tre volte alla settimana in una casupola abbandonata sulle alture di Genova, in un bosco ancora selvaggio, boscoso, dove vi erano pochissime abitazioni, lontane l'una dalle altre, abitate solo da pescatori e pastori.
La casupola, era una sorta di fienile abbandonato, dove Giorgio e Rosina si incontravano.
Le giornate scorrevano lente, e la primavera oramai alle porte, regalava giorni più lunghi e ventosi.
Una sera, Pipetto e Giorgio, andarono come sempre alla taverna. Forse qualche bicchiere di troppo, forse la gelosia nei confronti di Rosina, portò Pipetto a parlare della vergognosa storia d'amore tra i due ragazzi.
Giorgio, subito cercando di stemperare il tutto, cominciò a ridere ma, si accorse subito che Pipetto, aveva sguardo serio.
Pipetto cominciò ad urlare, mettendo tutti a conoscenza, del grande peccato commesso da Rosina e Giorgio.
Ne uscì così una lunga lite, che finì a pugni e spintoni.
L'oste, non che padre della ragazza, costrinse Giorgio a chiedere la mano di Rosina, che nel frattempo era rimasta gravida,
Arrivò così il mese di Ottobre e con lui le nozze dei due ragazzi
Lei più bella che mai, con i suoi occhi verdi pieni d'amore, e Giorgio che sopraffatto dall'emozione, la aspettava fuori dalla chiesa.
Matrimonio riparatore lo chiamavano, ma questo, era amore vero tra due giovani.
I festeggiamenti andarono avanti fino a tarda sera. I due sposi si ritirarono a notte fonda, nell'abitazione vicina a quella dei genitori di Rosina.
Giorgio e Rosina però, presi dall'emozione e dalla stanchezza, non salutarono Pipetto.
La notte era scura, in paese piano piano le grida e le risate concitate si spensero, come una fiammella, Tutti si ritirarono.
I due sposi, stanchi, si addormentarono senza sentire il vento forte che sbatteva la pioggia contro le imposte
Una porta si aprì, ma nessuno dei due sposi dormienti sentì.
Pipetto, nel buio, coperto dal rumore del vento, entrò nella camera dove vi erano i due sposi.
Mise una mano nella pesante giacca di lana verde ed estrasse un grande coltello.
Il vento soffiava incessantemente, la pioggia cadeva senza sosta. Nulla si sentiva. Li uccise, entrambi, nel talamo nuziale, recidendo loro la gola. Prima Giorgio, poi Rosina.
Con sangue freddo estrasse il fegato a Giorgio, e lo mise in un quadrato di stoffa scura.
Pipetto aveva strappato la vita anche al piccolo che Rosina portava in grembo. La colpa era quella di non esser figlio suo.
Così scappò, senza esser scorto da nessuno. Il vento ululava ancora. La pioggia non si fermava.
La morte era arrivata, e con tre anime se ne era andata.
La mattina seguente, la nebbia avvolgeva l'abitato. Il padre di Giorgio ebbe un sussulto, e poi cadde a terra, privo di sensi.
Un fegato umano era lì, grondante di sangue, davanti alla sua porta. Gli uomini, richiamati dalle urla delle donne del paese, gettarono giù la porta dell'abitazione dei ragazzi.
Trovarono la coppia in una pozza di sangue. Erano riversi nel letto. Rosina sembrava dormire. Giorgio aveva gli occhi sbarrati, occhi di terrore. Non aveva più il fegato.
Gli uomini uscirono sopraffatti dall'angoscia. I corpi vennero portati via, e l'uscio d casa, murato.
Cercarono l'omicida in paese, cercarono tracce o oggetti che potessero aiutare a capire, pronti a farsi giustizia da soli.
Il padre di Rosina ben sapeva che doveva cercare Pipetto.
Cercarono all'interno delle case abbandonate, nei casolari dei pastori. Lo trovarono all'imbrunire. Impiccato, ad un albero. Ancora con in dosso la giacca verde, ed il grande coltello insanguinato.
Perchè Pipetto, avesse strappato il fegato a Giorgio, mai si seppe.
Secondo i racconti degli anziani, Giorgio nelle notti di vento forte, cercherebbe Pipetto, proprio all'interno della casa murata, dove trovò la morte assieme a Rosina, ed alla creatura che ella portava in grembo.
Recitando la cantilena, riportata qui sopra, pare che lo spirito di Giorgio vada cercando il suo fegato, tentando, attraverso il rumore del vento, di spiegare ai genitori, il motivo della sua uccisione.
Fonti:
Ringrazio la nonna di mio marito (Melina)
e ringrazio mia suocera (Aurora)
per aver raccontato questa storia.
Purtroppo molti particolari sono andati persi,
perchè tramandata a voce da generazioni.
Ringrazio sentitamente
Ramona Giacopinelli (Fotografa)
per avermi fatto dono di una delle sue
meravigliose foto.
Nessun commento:
Posta un commento