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mercoledì 30 ottobre 2013

Ognissanti nella tradizione ligure e non solo...


"Tegnì averti i barquin.
Tegnì assesci i lumìn
I Spiriti di morti passan de lì.
Devan passà da i barquìn,
Devan mangià cun i lumin".


Ottobre e Novembre, mesi nebbiosi.

Periodo di raccolta per i contadini nelle valli interne, prima dell'Uva poi delle Olive che così facendo, accompagnavano la Terra al riposo vegetativo invernale.

Chiamato da molti, qui nell'entroterra, "periodo oscuro" perchè i giorni si accorciano sempre più fino al Solstizio d'Inverno, il buio prende il sopravvento, la Natura si riposa e così anche le sue creature.

Gli alberi spogli, nelle sere di Luna, sembrano disegnare sagome di creature oscure, mentre Gufi e Civette ancora intonano la musica del bosco.
Le Felci ingialliscono ai primi freddi assumendo così, il colore dell'oro, dato sembra, dai tesori custoditi sotto le loro radici.

Periodo nel quale il mondo dei morti entra in contatto con quello dei vivi. I veli si assottigliano e gli spiriti dei defunti vagano sulla terra.

Questo per la gente dei paesi, non era motivo di terrore ma, al contrario, era periodo di gioia, perchè si diceva, i defunti tornassero per far visita ai propri cari.

I letti in questo periodo dovevano essere freschi di bucato e la casa sempre in ordine in modo che le anime dei defunti trovassero accogliente e calda quella che un tempo era la loro dimora.
La sera i nipoti che avevano ricevuto in dono la candela dai propri nonni, dovevano accenderla per pochi minuti e, se questa "crìava" cioè guizzava, tutti dovevano fare un cenno con il capo (un saluto) perchè lo spirito del defunto era in mezzo a loro e li salutava.

Dalla Lunazione di Ottobre alla Lunazione di Novembre si aggiungeva sempre un posto a tavola, addirittura vi era chi aggiungeva tanti posti quanto il numero dei defunti in famiglia.

La tavola nelle cucine doveva rimanere imbandita notte e giorno per tutto il periodo della Lunazione, ove veniva riposta frutta (Melograni, Uva, Mele, Corbezzoli) poi un pane di farina grezza e Noci accompagnato da un cesto di gallette impastate con Nocciole o Mandorle (chiamate Fave dei Morti).

Nel mezzo del tavolo veniva posto un piccolo lume che, spento al mattino veniva riacceso prontamente la sera, perchè doveva rischiarare la tavola per gli ospiti. Il tutto era accompagnato da vino e acqua di fonte.
La notte del trentuno veniva preparato un piatto di Fave per i defunti, perchè queste, si diceva, riportassero alla rinascita, c'era infatti chi ne mangiava, quella sera, tre granelle proprio come rito di rinascita, morte e nuova rinascita.

Vediamo i vari significati dei frutti posti sulla tavola: 
Il Melograno, frutto simbolo di prosperità, morte e rinascita, forse per i suoi semi, che da greci e romani erano visti, appunto, come simbolo di prosperità. Troviamo alberi di Melograno nell'Ade. Come non menzionare il dio Ade che dando tre grani di Melograno a Persefone fa si che questa rimanga legata per una parte dell'anno (parte oscura, legata all'Inverno) appunto, al mondo dei morti?

Anche l'Uva trova significato nella tavola del Dono, questa infatti è simbolo di nuova vita e prosperità. Vi è l'abitudine la sera di Ognissanti di mangiare tanti acini quanti sono i mesi dell'anno proprio per auspicare ancora vita a chi li mangia, almeno per un altro anno. Quella dei dodici acini d'Uva la si ritrova anche nell'ultimo giorno dell'anno (san Silvestro). 

La Mela frutto per eccellenza, frutto della rinascita, tanto che nel momento del trapasso, ne veniva adagiata una sul letto di morte  perchè, si diceva, avrebbe accompagnato il defunto nel proprio viaggio.

Il Corbezzolo, meraviglioso frutto simbolo di ospitalità, che mai deve mancare sulla tavola del Dono.
Frutto solstiziale lo ritroveremo nella giornata del Solstizio d'Inverno.

La pagnotta di farina grezza e Noci, verrà impastata e cucinata la prima sera della Lunazione di Ottobre e ogni sera ne verrà consumata una fetta. Le fette dovranno essere tante quanto i giorni coperti dalla Lunazione.

Così come le Gallette che dovevano essere in numero uguale ai giorni della Luna di Ottobre.
Sia la Nocciola che la Mandorla erano frutto gradito ai defunti perchè, pare, avessero il potere di legare il mondo dei vivi a quello dei morti.

Questa era quindi la "Tavola del Dono" un lauto banchetto che commemorava e dava il benvenuto ai defunti nelle notti di Ottobre e Novembre.

Oltre al "Dono" vi era anche il "Lume", tradizione che nelle valli interne qualche anziano non ha dimenticato.
Il Lume che seguiva il Dono, era una sorta di luce posta davanti all'uscio (tutte le sere per tutta la Luna di Ottobre) per far si che i defunti ritrovassero la via di casa.

In molti paesini dell'entroterra si raccoglieva la prima zucca della stagione e la si metteva davanti alla porta con all'interno una candela.

I giovani ed i bambini solevano svuotare una zucca e porvi all'interno una candela correndo per il paese, agghindati con campanacci e tamburi, per spaventare gli spiriti cattivi o maligni chiamati anche "anime nere" che si pensava potessero mescolarsi alle anime dei defunti oltrepassando così i veli.

La notte di Ognissanti si attingeva l'acqua da alcune fontane del paese perchè la tradizione voleva che proteggesse, se tenuta in casa in una brocca, dalla siccità, dal fuoco e dalle alluvioni. Questa come la tradizione dei dodici acini d'Uva la si ritroverà anche nella raccolta dell'acqua da sette fonti nella notte di san Silvestro.

Ognissanti in Abruzzo...

In Abruzzo si decoravano le zucche, e i ragazzi di paese andavano a bussare di casa in casa domandando offerte per le anime dei morti, solitamente frutta di stagione, frutta secca e dolci. Questa tradizione è ancora viva in alcune località abruzzesi. 
Diffusa è anche l'usanza della questua fatta da schiere di ragazzi o di contadini e artigiani che vanno di casa in casa cantando un'appropriata canzone. A Pettorano sul Gizio (Abruzzo) questa canzone suona così:



"Ogge è lla feste de tutte li sande:
Facete bbene a st'aneme penande…
Se vvu bbene de core me le facete, 
nell'altre monne le retruverete."







Fonti:
Per l'immagine: Ramona Giacopinelli (fotografa) 
Per le tradizioni Abruzzesi: Fabiola.

8 commenti:

  1. Io sono ltteralmente incantata! Sto così *.*

    Senza voler far polemica ringrazio gli Dei, la Madre affinchè questi doni che sono le nostre antiche tradizioni non vadano mai perdude, Questo è il nostro patrimonio genetico che ci rende ciò che siamo.
    Sangue e terra, sangue e radici.

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    1. Io ringrazio la Madre tutti i giorni, perchè in questi ultimi anni mi ha dato modo di conoscere persone sensibili verso le tradizioni e la storia. Tutto cio' che la maggior parte delle persone che mi circondano hanno perduto...
      Ringrazio quindi la Madre, ma ringrazio anche voi, che avete reso non vano il mio sogno.
      E' difficile andare nei vari paesi a chiedere alle persone, soprattutto perche' gli anziani, ricchi di sapere molte volte non si "fidano" e quindi sono restii a parlare di cose che sentono loro.
      Ma con fatica e serenita' tutto si fa...

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    2. E' il lavoro di una storica, per questo ti stimo <3

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    1. Ma grazie. E' piaciuto moltissimo questo articolo...spero si risveglino un po' molte menti intorpidite....
      Elena ti ringrazio. Per me e' un onore.

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  3. bellissimo articolo come sempre! nonostante nella mia zona non ci siano queste tradizioni legate al periodo di Ognissanti, ti assicuro che hai fatto venire voglia di preparare la tavola pure a me!!

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    1. Grazie!!!!! Beh dai la puoi preparare eh!!! A parer mio e' magnifico poterlo fare!

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